Scuola pubblica e privata un patrimonio per tutti


A cura di Giovanni Pellegri


 

Ben 700 milioni di franchi l’anno per la scuola pubblica, zero per la scuola privata. Una scelta discutibile, ma che se non altro ha una sua logica: lo Stato ha scelto di non sostenere finanziariamente le scuole private partendo dal fatto che nel nostro Cantone esiste già una proposta scolastica efficiente, pubblica e gratuita.

Quindi niente soldi a scelte alternative anche se queste si occupano con competenza e passione all'educazione di migliaia di alunni in strutture scolastiche pubbliche non statali, con programmi e professori parificati e con un'offerta culturale ed educativa complementare a quella statale. Discutibile, è vero, soprattutto perché la scuola pubblica di fatto diventa la scuola dello Stato e mette così a tacere la vivacità della nostra società e il pluralismo in essa presente.

La situazione delle famiglie che scelgono strade alternative è però ancor più ingiusta: a loro viene chiesto di pagare due volte l’istruzione dei figli: una prima volta con la retta della scuola privata e una seconda volta con le imposte a favore della scuola pubblica. Questa, non ci sono dubbi, è una situazione che va corretta, per lo meno con un sussidio statale che copertine/copra una parte dei costi a carico delle famiglie.

Il punto focale della questione non è la diatriba tra scuola pubblica e privata, ma il riconoscimento e la valorizzazione delle componenti che all’interno della nostra società e rispettando i criteri stabiliti dalla Stato, sanno impegnarsi nella formazione e nell’educazione dei giovani. La Costituzione svizzera garantisce la gratuità dell’insegnamento, ma non afferma che questo importante compito debba essere svolto unicamente dalla scuola pubblica. Il valore dell’educazione e della cultura, in quanto espressione dell’identità di un popolo, può essere trasmessa da differenti componenti della società civile, non solo dallo Stato. Di conseguenza, davanti alle richieste dei genitori di poter scegliere liberamente la scuola che più risponde ai loro progetti educativi o bisogni, lo Stato ha il dovere di rimuovere gli ostacoli finanziari che penalizzano queste famiglie.

 

Ricordiamo inoltre che non si tratta di una strana concessione finanziaria ad alcune famiglie. Si tratta invece, come ricordava anche l’on. Marina Masoni, di una manovra finanziaria interessante innanzitutto per lo Stato. Allo Stato costa molto meno “mantenere” gli allievi privatisti nella scuola privata piuttosto che doverne assumere i costi nella scuola pubblica. I risparmi sono stati calcolati a circa 27,3 milioni di franchi l’anno, mentre un riconoscimento finanziario da parte dello Stato per gli allievi della scuola privata costerebbe meno di 10 milioni di franchi l’anno.

Ma questo è solamente un opportunistico calcolo finanziario, in gioco c’è molto di più. Se non vogliamo relegare la scuola privata a scuola elitaria, allora tutte le famiglie devono poter scegliere liberamente la scuola che meglio risponde ai loro bisogni. Lo Stato deve assicurare che tutti i cittadini abbiano uguali opportunità, non appiattendo la ricchezza e la diversità delle differenti espressioni delle scuole presenti oggi in Ticino, omologandole in una struttura statale, ma valorizzando le differenti componenti sociali che, a parità di offerta e con i dovuti controlli, sanno contribuire con il loro apporto all’educazione e alla crescita dei giovani.

 

L’iniziativa “Per un’effettiva libertà di scelta della scuola” è stata depositata nel 1997 accompagnata da quasi 25’000 firme. Il Gran Consiglio, lo scorso 6 novembre, l’aveva approvata a maggioranza esprimendosi anche favorevolmente su il controprogetto presentato da Monica Duca Widmer. Entrambe le versioni (iniziativa e controprogetto) passano ora in votazione popolare, con la possibilità di votare un doppio sì, e con domanda supplementare di spareggio qualora entrambe le versioni fossero approvate. In vista della votazione, Don Mino Grampa, rettore del collegio Papio di Ascona e l’avvocato Luigi Mattei, promotore dell’iniziativa, ci offrono alcuni spunti di riflessione. Pubblichiamo nelle pagine che seguono anche la recente presa di posizione di Mons. Giuseppe Torti, vescovo di Lugano e un estratto della lettera pastorale sull’insegnamento religioso nelle scuole di Mons. Eugenio Corecco che già nel 1993 si esprimeva molto chiaramente sul rapporto tra famiglia, scuola e Stato.

 

 

 

Don Mino Grampa:

“Non verrà toccato un solo centesimo della scuola pubblica!”

 

Una scuola privata complementare e a sostegno di quella statale

 

 

L’iniziativa denominata per un’effettiva libertà di scelta della scuola è una critica al sistema scolastico pubblico?

No, l’iniziativa non è stata portata in avanti perché si vuole criticare il servizio che lo Stato rende con l’istruzione e l’educazione. Nella nostra società complessa, ci sono molte situazioni particolari e diversificate di servizi che lo Stato non riesce a copertine/coprire: di internato, di mensa, di famiglie monoparentali, che hanno bisogno di risposte diverse, integrative e complementari a quelle dello Stato.

 

Ma c’è chi afferma che se questa iniziativa fosse accettata assisteremo ad un’emorragia di allievi verso il privato, rendendo la scuola pubblica di seconda categoria.

Ho così fiducia sulla solidità e sul valore della scuola pubblica, che non dovrebbe succedere proprio nessuna frana. Al tempo stesso garantendo una presenza delle scuole private che raccolgono pur sempre il 5%, arrivassero al 10% degli allievi non succederebbe nessun terremoto, nessuna frana del pubblico a favore del privato, ma ci sarebbe una presenza che può essere stimolo, che può essere punto di riferimento, che può essere motivo di confronto significativo valido nell’interesse generale del Paese. Queste cassandre che dipingono panorami catastrofici, mi pare che lo facciano per interessi corporativi e non con obiettività di elementi.

 

L’iniziativa è un sostegno alle famiglie ricche?

Non si vuole per niente favorire i figli dei ricchi, sono proprio i figli dei poveri che bussano alla porta, hanno bisogno di determinati servizi e non hanno la disponibilità finanziaria per ottenerli. Quindi è un servizio che si vuole fare alle famiglie meno abbienti perché possano realizzare un diritto che la costituzione riconosce, quella della libera scelta della scuola.

Con questa iniziativa non si rischia di disperdere i soldi destinati alla scuola pubblica?

Questa è stata una preoccupazione che la commissione scolastica ha avuto. Infatti ha chiesto al Consiglio di Stato come intendeva eventualmente finanziare le richieste dell’iniziativa e il Consiglio di Stato ha risposto che non avrebbe toccato un centesimo dei 700 milioni che destina alla scuola pubblica e avrebbe invece attinto ai 200 milioni previsti nel quadriennio per degli investimenti o delle realizzazioni nuove, in una direzione integrativa e complementare. Quindi nessuno vuole toccare il patrimonio non indifferente dei 700 milioni destinati alla scuola pubblica. A dipendenza del progetto che otterrà la maggioranza del popolo, la sovvenzione richiesta ammonterebbe a 5 o 10 milioni di franchi, non togliendo niente alla scuola pubblica, semmai aggiungendo qualche cosa. In ogni caso per questi ragazzi, e sono 2/3mila, lo Stato dovrebbe provvedere. Non dimentichiamo che nelle scuole private costano meno della metà.

 

La maggior parte delle scuole private in Ticino sono nate dall’esperienza e dalla cultura cristiana. Per quale motivo lo Stato dovrebbe versare dei soldi a coloro che desiderano avere un’educazione alternativa per i propri figli. Si tratterebbe di una sovvenzione ad un’ideologia?

E’ un’obiezione veramente speciosa questa, viviamo in uno Stato che attiva l’insegnamento religioso, cristiano cattolico ed evangelico nelle sue scuole e lo paga perché ne riconosce il valore, perché quell’insegnamento fa parte della nostra tradizione. Allora non vedo perché si debba mettere un’obiezione a chi fa di questi valori un motivo ispiratore di un’altra scuola. Ma poi le scuole private non nascono solo su questi valori ideali, ma anche su metodologie didattiche diverse. Ad esempio la scuola Steiner propone una didattica e una pedagogia diversa. Se lo Stato non ha il monopolio della didattica e della pedagogia non vedo perché non debba fare spazio anche ad altre istituzioni che fanno un servizio analogo ma con una propria specificità. Lo Stato deve limitarsi a verificare la costituzionalità, la democraticità. Non si può aprire a tutti, non si può aprire agli assolutismi, ai fanatismi, ma dentro uno Stato democratico c’è spazio per una pluralità di presenze.

 

Non c’è il pericolo di aprire una breccia nel sistema scolastico, ogni gruppo ideologico potrà così ben presto aprire la sua scuola…

Fare una scuola non è fare un puzzle, acquistarsi la fiducia delle famiglie, dei genitori richiede una serie di elementi, di esperienza e di valore che devono essere verificati. Allo Stato resterebbe comunque sempre il giudizio ultimo sulla democraticità, sulla libertà, sul rispetto dei diritti personali, sulle garanzie costituzionali di fondo che possono rendere una scuola meritevole di far ricevere un sussidio o meno. Io non credo che le scuole possano sorgere come i funghi.

 

 

 

 

Luigi Mattei:

“La scuola privata serve anzitutto alle famiglie che hanno i figli nella scuola statale”

 

L’iniziativa è nell’interesse stesso dello Stato

 

 

Perché l’iniziativa è vantaggiosa per lo Stato?

Il riconoscimento delle scuole private è interessante per lo Stato anche finanziariamente. Nella migliore delle ipotesi lo Stato pagherebbe per i ragazzi che frequentano le scuole private da un mezzo a un quinto del costo che lo Stato paga per un corrispondente allievo all’interno della propria scuola. Quindi l’iniziativa chiede un contributo molto parziale, rispetto al costo complessivo dello Stato. Se la matematica non è un’opinione, basta fare un paio di calcoli e ci rendiamo subito conto che le scuole private oggi permettono allo Stato delle economie notevoli che si cifrano in diverse decine di milioni di franchi l’anno.

 

La questione per alcuni si riduce ad una contrapposizione tra scuola pubblica e privata. È questo il vero dibattito?

 Assolutamente no. Gli oppositori domandano di andare alle urne per contare i voti e vedere se vince la scuola pubblica o se vince la scuola privata.  Quasi che l’ipotetica votazione sull’iniziativa fosse pro o contro la scuola pubblica. Questa posizione rischia di falsare alla radice tutto il dibattito, perché nessuno ha mai messo in discussione né la qualità, né la legittimità, né l’assoluta predominanza della scuola pubblica statale nel nostro Cantone. È doveroso ricordare che le famiglie che sceglieranno la scuola privata, anche con l’iniziativa, dovranno pagare. Grazie all’aiuto dello Stato le cifre saranno più sopportabili soprattutto per le famiglie meno abbienti, ma dovranno ugualmente pagare. La scuola dello Stato rimane e rimarrà sempre assolutamente predominante.

 

La scuola privata non potrebbe divenire un interessante stimolo per la scuola pubblica?

Sì, infatti penso che l’iniziativa dovrebbe interessare soprattutto chi ha i figli che frequentano la scuola pubblica, non tanto quelle private. Non è una provocazione, ma è davvero così.

 

Perché?

Perché la scuola dello Stato che possiede mezzi pubblici per circa 700 milioni all’anno ed è frequentata dal 95% degli allievi, non può essere messa in discussione o solo messa in pericolo da una scuola privata che occupa il 5% degli allievi e, se l’iniziativa sarà accettata costerà allo Stato 5 o 10 milioni di franchi l’anno. Mi insospettisce una realtà come la scuola dello Stato che ha paura di un confronto con la scuola privata. Chi ragiona con i numeri, si rende immediatamente conto che la scuola privata non può mettere in discussione la scuola pubblica nella sua assoluta preminenza all’interno del nostro tessuto sociale. Una scuola privata può divenire un pungolo nella scuola pubblica, costituisce un motivo di confronto. Confronto che ci sarebbe molto meno se la scuola pubblica avesse sempre di più, come sta avendo, un ruolo di monopolio.